Bambino quasi cieco, tolta l’invalidità

Tommaso, dieci anni, vede da un solo occhio e non può guarire, ma per l’Inps non ha più diritto all’indennità mensile

Da “La Provincia Pavese”

Tommaso ha dieci anni. Da quando ne ha sei vede il mondo con un solo occhio. Non può fare sport, saltare o giocare perchè basta un solo colpo alla testa per provocargli il distacco della retina. Il suo nemico si chiama morbo di Coats, una malattia rara che colpisce un bambino ogni trentamila. In genere maschio.

Nel 2012 Inps e Asl gli hanno riconosciuto l’invalidità grave e accordato l’indennità di frequenza (duecentottantanove euro al mese) su un periodo di nove mesi, corrispondenti la durata dell’anno scolastico, durante il quale il bambino avrebbe potuto necessitare di un sostegno.

Il tre marzo di quest’anno Tommaso viene convocato alla sede Inps di viale Cesare Battisti per la rivalutazione del caso. Una prassi. Ogni due anni chi ha un’invalidità deve sottoporsi a una visita di controllo per accertare che non siano intervenuti cambiamenti nella patologia. La sua vista non è migliorata. Non può migliorare hanno spiegato tante volte alla mamma i medici del Niguarda che lo seguono da anni. Quindi la madre ha aperto la raccomandata dell’Inps consegnata dal postino non voleva credere a quello che stava leggendo. “Secondo la commissione che l’ha valutato a marzo Tommaso non è più invalido e non ha quindi più diritto all’indennità” dice la mamma, non riuscendo a nascondere rabbia e amarezza. Il ricorso contro il verdetto è già pronto. Sul tavolo impila la documentazione che l’ospedale Niguarda ha prodotto in questi quattro anni di diagnosi e terapia. La stessa che il tre marzo la donna aveva portato con sè in una cartelletta, tenendo il figlio per mano.

“Faremo ricorso ma non per una motivazione economica. – tiene subito a precisare la mamma – E’ una questione di rispetto e dignità. La malattia di Tommaso non ha avuto alcuna evoluzione, risulta stabile. Sarei la donna più felice del mondo se fosse il contrario e stesse meglio. Ma non è così. Noi viviamo una via crucis da quattro anni, dentro e fuori l’ospedale per fare interventi conservativi che limitino il rischio di emorragia e, ancora peggio il distacco della retina”. Levatacce all’alba per raggiungere il Niguarda di Milano, esami faticosi per cui è necessario sedare il piccolo paziente, quando serve si aggiunge qualche giorno di degenza, altri giorni di scuola persi. E pure i giorni di lavoro. Per ottenere il diritto ad usufruire della legge 104 e quindi dei permessi come genitore la mamma ha dovuto condurre una battaglia durata otto mesi. “Ora potrebbe essere in forse anche questa, così dovrò usare tutte le ferie per le visite e i controlli” dice preoccupata.

Il tre marzo mamma e figlio si sono presentati davanti alla commissione Inps, formata da tre esaminatori. “E’ avvilente persino raccontarlo, ma quando ci siamo seduti mi hanno chiesto: “Da quale orecchio non sente suo figlio?”. Non avevano nemmeno visionato la documentazione, un bel malloppo che il Niguarda aveva fornito e che era in loro possesso già dalla precedente visita. Non l’hanno nemmeno visitato, ma lei era presente e ora ha un’età in cui capisce. Facciamo tanto per non fargli pesare la sua malattia”. Tommaso ovviamente ci sente benissimo. Ma non vede da un occhio. E quando, il primo giorno di scuola, un insetto l’ha punto proprio sull’occhio sano ha passato la notte a fare medicazioni. Per non presentarsi in classe completamente cieco. La burocrazia a volte non sembra dialogare: “Il verbale dell’Asl redatto nel settembre 2012 (la revisione ci sarà a settembre 2014), quello che determina o meno la fruizione della legge 104 – spiega la mamma – ha stabilito che mio figlio è inserito nella categoria dell’handicap grave. Ora invece per l’Inps la malattia di Tommaso non giustifica l’invalidità”-

Cento ricorsi all’anno contro le revoche

Un centinaio di ricorsi all’anno contro l’Inps o l’Asl che non hanno riconosciuto l’invalidità. Ricorsi finora in gran parte vinti dalle associazioni e dagli enti che tutelano gli invalidi. E altrettanti ricorsi intentati da chi l’invalidità l’aveva, ma se l’è vista togliere dopo la visita di controllo biennale. Di recente le associazioni invalidi avevano segnalato casi limite a cui era stato tolto il diritto alla pensione di invalidità nonostante fosse possibile un miglioramento delle condizioni di salute del paziente: persone affette dalla sindrome di Down, anziani con arti amputati. Ma molte segnalazioni erano arrivate anche da malati oncologici ritenuti dai componenti delle commissioni in grado di provvedere in modo autonomo a se stessi. Eppure, segnala anche la FAND (Federazione Nazionale Disabili), si trattava d persone che non riuscivano più a spostarsi, cucinare lavarsi.

La richiesta dell’invalidità affronta due passaggi: prima la commissione medica dell’Asl, poi l’Inps. Tempi di attesa per ottenere la pensione, dopo l’approvazione, sono in media di due mesi in Lombardia. In estate a Pavia erano anche di sei. L’Asl aveva per questo raddoppiato le commissioni per l’accertamento dell’invalidità, per colmare i gap e smaltire più rapidamente le migliaia di pratiche ancora inevase. Dal sistema informatico dell’Asl le pratiche confluiscono poi in quello dell’Inps. La FAND aveva insistito perchè si passasse dalla carta al sistema informatico, altro strumento per abbattere i tempi.