Molti i casi di invalidità palesi non riconosciute. L’ANMIC vince il 90% dei ricorsi
Da “il Ticino” del 29 gennaio 2016
Tutelare gli interessi economici e morali degli invalidi civili: è questo il compito dell’ANMIC, (Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi Civili) giunta al sessantesimo anno di attività. Decenni di battaglie per conquistare diritti a favore della categoria: pensiamo all’abbattimento delle barriere architettoniche, il diritto al collocamento obbligatorio al lavoro e all’indennità di accompagnamento. L’ente, istituito nel 1956 su mandato del Presidente della Repubblica, ha sedi distaccate in tutta Italia compresa quella della provincia di Pavia. Un problema quello dell’invalidità civile, del quale si parla poco come a voler ignorare di fatto l’esistenza di situazioni quotidiane che necessitano di aiuto e tutela.
Eppure gli iscritti provinciali che ricevono un’indennità dallo Stato risultano circa cinquemila. Molti, fra loro, sono costretti a combattere quotidianamente con la burocrazia italiana e le visite per il rinnovo della certificazione. “Mettiamo a disposizione degli iscritti figure come avvocati, assistenza legale e medici – sottolinea il presidente Luigi Lo Balbo – perchè spesso l’INPS decide di non rinnovare le certificazioni a persone con palesi invalidità”. Come si può spiegare una situazione del genere? Racconta il segretario Davide Riccardi: “La prima visita si effettua all’ASL dopodichè si passa all’INPS. Quando l’ente previdenziale rigetta la richiesta di previdenza economica, l’ANMIC ricorre e nel 90% dei casi ci viene data ragione”. Può sembrare assurdo, ma, secondo lo Stato, quando una persona è in grado di soddisfare in maniera autonoma le cure primarie (ad esempio lavarsi), il sostegno non è più necessario.
Il tutto con buona pace di chi si ritrova malato di tumore o con difficoltà fisiche che non permettono di lavorare: una politica figlia dei tagli scellerati iniziati col Governo Monti compiuti ai danni dei più deboli. Prosegue Riccardi: “L’INPS è costretta ad applicare i criteri imposti dal Ministero della Salute. Ogni anno in provincia di Pavia sono più di diecimila le persone che si devono sottoporre a controlli e a più di cento non viene rilasciato l’accompagnamento o l’invalidità retribuita. L’ANMIC si occupa di due casi a settimana”.
In proporzione può sembrare esigua la percentuale di rifiuti, ma vi rientrano casi davvero incredibili: “E’ una cosa cinica, ma se il soggetto è in età avanzata e affetto da malattia incurabile, lo Stato non si oppone alla richiesta perchè la cartella clinica evidenzia un decesso imminente. Chi invece è affetto da cancro, ma svolge in autonomia azioni primarie come cibarsi, può incappare in un respingimento della domanda. Mi viene in mente il caso di una persona con gamba amputata e conseguente protesi a cui è stato negato l’assegno perchè giudicato autonomo: una protesi non si può gestire in autonomia eppure dobbiamo fare ricorso per ottenere giustizia con il malato costretto a sottoporsi ad ulteriori controlli ed esami”. Insomma, sembra ridursi tutto ad un mero problema economico con lo Stato che restringe sempre più i parametri per tutelare chi davvero ha bisogno. “In ordine cronologico – conclude Riccardi – l’ultimo ricorso che abbiamo presentato riguarda una persona giudicata invalida al 67% con evidenti difficoltà a deambulare, affetta da sordità e depressione. Tutto ciò a fronte della soglia minima del 75% per ottenere la previdenza economica”.
Clamoroso il caso del 2014 quando non venne rinnovata l’indennità ad un bimbo quasi cieco di dieci anni senza possibilità di guarigione. Mostruosità che lo Stato riesce a partorire nel nome della spendig review e, diciamolo, di una palese incapacità: “Il problema è a Roma: basti pensare che il tabellario ministeriale per stabilire il grado di invalidità civile risale al 5 febbraio 1992, quasi venticinque anni fa. Anche questo è un fattore che si ripercuote sulle decisioni dell’INPS”. Non infrequenti anche gli errori della sede locale dell’INPS, diretta da Carlo Fozzati, che scrivendo ad un disabile gli negava il beneficio dell’assegno di accompagnamento perchè non aveva risposto ad un invito dell’ente di presentarsi alla commissione medica per verificare la sussistenza dell’invalidità. In pochi giorni il disabile in questione è riuscito a provare l’errore dell’INPS e del suo direttore. Ma non ha ricevuto delle scuse lo stesso.